Povertà in Italia

A giugno sono stati pubblicati i dati definitivi dell’Istat circa la povertà in Italia.

Riportiamo le indicazioni più importanti e rimandiamo al sito dell’Istat per i dettagli dell’analisi.

Nel 2020, secondo le stime definitive, sono oltre due milioni le famiglie in povertà assoluta in Italia (con un’incidenza pari al 7,7%), per un totale di oltre 5,6 milioni di individui (9,4%), in significativo aumento rispetto al 2019 quando l’incidenza era pari, rispettivamente, al 6,4% e al 7,7%.

Nel 2020, l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (9,4%, da 8,6%), ma la crescita più ampia si registra nel Nord dove la povertà familiare sale al 7,6% dal 5,8% del 2019. Tale dinamica fa sì che, se nel 2019 le famiglie povere del nostro Paese erano distribuite quasi in egual misura al Nord e nel Mezzogiorno, nel 2020 arrivano al 47% al Nord contro il 38,6% del Mezzogiorno, con una differenza in valore assoluto di 167mila famiglie.

Anche in termini di individui è il Nord a registrare il peggioramento più marcato, con l’incidenza di povertà assoluta che passa dal 6,8% al 9,3%. Sono così oltre 2 milioni 500mila i poveri assoluti residenti nelle regioni del Nord contro 2 milioni 259 mila nel Mezzogiorno.

In particolare:

Per classe di età: l’incidenza di povertà assoluta raggiunge l’11,3% (oltre 1 milione 127mila individui) fra i giovani (18-34 anni); rimane su un livello elevato, al 9,2%, anche per la classe di età 35-64 anni (oltre 2 milioni 394 mila individui), mentre si mantiene su valori inferiori alla media nazionale per gli over 65 (5,4%, oltre 742mila persone).

Peggiora la condizione delle famiglie con figli: nel 2020, l’incidenza di povertà assoluta è più elevata tra le famiglie con un maggior numero di componenti: è al 20,5% tra quelle con cinque e più componenti e all’11,2% tra quelle con quattro; si attesta invece attorno all’8,5% se si è in tre in famiglia. La situazione si fa più critica se i figli conviventi, soprattutto se minori, sono più di uno e tra le famiglie monogenitore. Proprio per queste ultime si registra il peggioramento più deciso rispetto al 2019 (da 8,9% a 11,7%). La dinamica risulta negativa anche per le coppie con figli. L’incidenza di povertà è invece più bassa, al 5,6%, nelle famiglie con almeno un anziano e scende al 3,7% tra le coppie in cui l’età della persona di riferimento della famiglia è superiore a 64 anni (nel caso di persone sole con più di 64 anni l’incidenza è pari al 4,9%). In generale, la povertà familiare presenta un andamento decrescente all’aumentare dell’età della persona di riferimento; generalmente, infatti, le famiglie di giovani hanno minori capacità di spesa poiché dispongono di redditi mediamente più bassi e hanno minori risparmi accumulati nel corso della vita o beni ereditati.

La diffusione della povertà diminuisce al crescere del titolo di studio: se la persona di riferimento ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore l’incidenza è pari al 4,4% mentre si attesta al 10,9% se ha al massimo la licenza di scuola media (entrambe le modalità in crescita rispetto al 2019).

Gli individui stranieri in povertà assoluta sono oltre un milione e 500mila, con una incidenza pari al 29,3%, contro il 7,5% dei cittadini italiani. Le famiglie in povertà assoluta sono nel 71,7% dei casi famiglie di soli italiani (oltre 1 milione e 400mila) e per il restante 28,3% famiglie con stranieri (oltre 568mila), pur rappresentando queste ultime solo l’8,6% del totale delle famiglie

L’incidenza di povertà assoluta in Italia varia anche a seconda del titolo di godimento dell’abitazione in cui si vive, e la situazione è particolarmente critica per chi vive in affitto. Le oltre 866mila famiglie povere in affitto rappresentano il 43,1% di tutte le famiglie povere, a fronte di una quota di famiglie in affitto pari al 18,3% sul totale delle famiglie residenti. Va considerato che il titolo di godimento dell’abitazione è fortemente legato all’età della persona di riferimento, così come alla cittadinanza dei componenti. Infatti, le famiglie con persona di riferimento giovane (frequentemente con minori al loro interno) e quelle con stranieri, vivono più frequentemente in affitto, poiché scontano sia una minore capacità reddituale sia una minore probabilità di avere accumulato risparmi o di aver avuto accesso a beni ereditari.

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